L’avventura dantesca di Vittorio Sermonti
Il 26 settembre di quest’anno mio padre, Vittorio Sermonti, avrebbe compiuto 92 anni. Ha dedicato la sua vita alla lettura, allo studio e alla scrittura. La passione per Dante e la sua Divina Commedia nacquero da bambino, quando suo padre Alfonso, toscano anche lui, gliela leggeva.
Molti anni dopo, Ludovica Ripa di Meana, sua amatissima seconda moglie e musa, gli chiese durante una vacanza al mare di leggerle i primi canti della Divina Commedia. E lí inizió la loro avventura dantesca insieme. Era il settembre del 1985.
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Mio padre, oltre ad essere un grande studioso e divulgatore della Divina Commedia, è stato per me un grande maestro, credo il migliore che io abbia mai avuto. Nel 1987 per un anno andai a vivere con lui e Ludovica, insieme a mio fratello Pietro: avevo 12 anni e cominciavo la seconda media.
Fino ad allora avevo dei risultati piuttosto buoni a scuola studiando poco, accontentandomi di fornire uno sforzo minimo sui libri e approfittando di una buona memoria. Quell’anno rappresentò una vera svolta nella mia vita affettiva e intellettuale.
Rientrando da scuola studiavo il pomeriggio sulla scrivania di Ludovica nella loro stanza matrimoniale (di notte dormivo sul divano letto nello studio di mio padre) e mio padre, che lavorava a casa, la sera riguardava insieme a me le lezioni che avevo studiato e aggiungeva sempre una nota o una riflessione interessante o un aneddoto divertente, che rendeva quello studio appassionante. Quando mi annoiavo un po’ studiando, mi ripeteva: “Ricordati che studiare bene è anche noioso ma studiare male è solo noioso”. Come per magia, divenni una pre-adolescente molto studiosa e appassionata di conoscenza. Lo studio scolastico veniva arricchito da letture di Tolstoj e Turgenev, suggerite da mio padre. Lui mi trasmise la passione per la lettura, lo studio e la conoscenza, avventura inesauribile che mi accompagna da quel lontano 1987.
Ho tanti ricordi di come mio padre mi insegnava varie cose divertendomi.
Quando d’estate andavamo in vacanza nell’isola di Kythira, in Grecia, nuotavamo insieme e lui mi insegnava le bracciate del crawl e, con ogni bracciata, una lettera dell’alfabeto greco: “alpha, beta, gamma…”. Non ho mai studiato il greco antico nella scuola francese che ho frequentato, ma conosco l’alfabeto greco. Mi ha insegnato tutte le capitali europee giocando a Risiko e utilizzando quelle mappe, dove Pietro e io poggiavamo i piccoli carri armati di plastica. Riusciva a rendere così l’esercizio di memorizzazione di lettere e nomi un divertimento.
Lui amava studiare e si divertiva a studiare e amava trasmettere la sua conoscenza agli altri con la sua grande generosità e umiltà. L’umiltà che, solo chi sa di non sapere mai abbastanza, conosce.
Anna Sermonti