John Bowlby
“Dopo la guerra, per molte ragioni, scelsi come campo di studio specifico il trasferimento di un bambino dall’ambiente familiare a un asilo residenziale o a un ospedale, e non più il vasto campo dell’interazione genitore-figlio. Per prima cosa ritenevo che questi eventi potessero avere gravi ripercussioni patologiche sullo sviluppo della personalità del bambino. In secondo luogo si tratta di eventi indiscutibili, mentre, per ottenere informazioni valide su come un genitore tratta un bambino, ci si scontra con forti difficoltà. Infine, sembrava che in questo settore fosse possibile attuare delle misure preventive.”
John Bowlby naque a Londra il 26 febbraio 1907.
Dopo essersi laureato in scienze pre-cliniche e psicologia, iniziò a lavorare presso la scuola attivista di Summerhill, nella quale venivano seguiti ragazzi psichicamente disturbati, per lo più provenienti dalle classi sociali meno abbienti.
Nell’autunno del 1929 riprese gli studi e si trasferì a Londra per seguire lezioni di medicina ed entrare nell’Istituto di Psicoanalisi. Si laureò in medicina nel 1936 e si diplomò come analista nel 1937.
Nel 1939, in veste di psichiatra militare, insieme a Donald Winnicott ebbe la possibilità di osservare le migliaia di bambini che il governo aveva fatto evacuare da Londra e altre città del Regno Unito per salvarli dai bombardamenti nazisti. E con Donald Winnicott iniziò un proficuo scambio d’idee circa gli effetti dell’allontanamento dei bambini dalle loro famiglie; sopratutto dalla madre.
Nel 1940 scrisse “L’influenza del primo ambiente di vita nello sviluppo della nevrosi e le carattere nevrotico “, in cui ipotizzava che determinati fattori ambientali, in particolare la separazione dalla madre durante i primi anni di vita, potessero essere causa di nevrosi.
Terminata la guerra, fu nominato membro delegato del Comitato governativo di salute mentale ed entrò a far parte della Tavistock Clinic, con l’incarico di svilupparne il settore infantile. Fu allora che cominciò a interessarsi al rapporto madre-bambino e alle conseguenze sulla personalità dei bambini di una separazione precoce dalle loro madri.
Nel 1950 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) gli affidò la direzione di una vasta ricerca su bambini che erano stati separati dalla famiglia. Il rapporto, redatto nel 1951 con il titolo “Maternal Care and Mental Health”, era imperniato sull’insufficienza o la mancanza di cure materne. Bowlby dimostrò che, se un bambino vive un’esperienza di privazione o di carenza totale di cure materne, la sua crescita fisica, cognitiva ed emotiva ne rimane segnata, influendo sul soggetto anche in età adulta.
Allo stesso tempo la ricerca metteva in luce alcuni aspetti cui lo stesso Bowlby non seppe dare una spiegazione. Infatti non era riuscito a spiegare perché alcuni bambini che avevano sofferto di una privazione di cure materne, avevano avuto una crescita equilibrata e avevano saputo reagire bene anche di fronte alle più gravi situazioni.
Il suo contributo alla conoscenza dell’essere umano è la teoria dell’attaccamento, elaborata non solo osservando i bambini fin dalla nascita, ma anche inserendo l’etologia e la biologia tra i suoi strumenti teorici. Nel corso delle sue ricerche si distanziò dalla psicoanalisi; non ne condivideva il metodo di studio dell’infanzia, basandosi essa su anamnesi compiute in età adulta e, soprattutto, sulla teoria degli istinti e delle pulsioni.
Morì nel 1990, lasciando un’eredità attiva e tuttora da comprendere appieno.
FIGURA D’ATTACCAMENTO E BASE SICURA
“Gli esseri umani di ogni età sono più sereni e in grado di affinare il proprio ingegno per trarne un maggiore profitto se possono confidare nel fatto che a loro fianco ci siano più persone fidate che verranno loro in aiuto in casi di difficoltà. La persona fidata, nota anche come figura d’attaccamento, può essere considerata come quella che fornisce la sua compagnia assieme a una base sicura da cui operare.
L’esigenza di una figura d’attaccamento come sicura base personale non è in alcun modo limitata ai bambini, anche se, a causa della sua urgenza nei primi anni di vita, è più evidente in quegli anni, e proprio in quegli anni è stata maggiormente studiata. Vi sono buoni motivi per credere, comunque, che tale esigenza possa essere riferita anche a adolescenti e adulti maturi. Certo, in questi periodi della vita l’esigenza è in genere meno evidente e probabilmente differisce sia a seconda del sesso che nelle varie età. Per tali ragioni e anche per motivi derivanti dai valori della cultura occidentale, l’esigenza di una base sicura da parte degli adulti tende spesso a essere trascurata se non denigrata.”
Libri di John Bowlby:
Costruzione e rottura dei legami affettivi. Raffaello Cortina
Una base sicura. Applicazioni cliniche della teoria dell’attaccamento. Raffaello Cortina
Attaccamento e perdita. Vol. 1: L’Attaccamento alla madre, Bollati Boringhieri
Attaccamento e perdita. Vol. 2: La separazione dalla madre, Bollati Boringhieri
Attaccamento e perdita. Vol. 3: La perdita della madre, Bollati Boringhieri
Sull’etologia Maria Montessori scriveva:
“Coteste sensibilità (del primo anno di vita) sono suscettibili di osservazione, ma non di esperienza. L’esperienza tentata dai seguaci della psicologia sperimentale sarebbe uno dei fatti esterni che potrebbero pregiudicare il lavorìo segreto della vita psichica infantile, facendo appello intempestivamente e dal di fuori alle energie costruttive.
La vita psichica del bambino va osservata al modo stesso con cui Fabre osservò gli insetti, studiandoli nel loro ambiente di vita normale, per ritrarli al vivo e rimanendo nascosto, per non turbarli. (…) Questa osservazione apre agli adulti la porta ad una percezione nuova, come fu per Alessandro Volta l’osservazione delle rane, che gli aprì la porta alla scoperta dell’elettricità.”
M. Montessori: Il segreto dell’infanzia, Garzanti, pag. 65