Il fanciullino III
I fanciullini si riconosco
«Ma è veramente in tutti il fanciullo musico? Che in qualcuno non sia, non vorrei credere: tanta a me parrebbe di lui la miseria e la solitudine. Egli non avrebbe dentro sé quel seno concavo da cui risonare le voci degli altri uomini; e nulla dell’anima sua giungerebbe all’anima dei suoi vicini. (…)
Ma io non amo credere a tanta infelicità. In alcuni non pare che egli sia; alcuni non credono che sia in loro (…). Ma i segni della sua presenza e gli atti della sua vita sono semplici e umili. Egli è quello che ha paura al buio, perché al buio vede o crede di vedere; quello che alla luce sogna o sembra sognare, ricordando cose non vedute mai; quello che parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle: che popola l’ombra di fantasmi e il cielo di dei. Egli è quello che piange e ride senza perché, di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione. Egli è quello che nella morte degli esseri amati esce a dire quel particolare puerile che ci fa sciogliere in lacrime, e ci salva. Egli è quello che nella gioia pazza pronunzia, senza pensarci, la parola grave che ci frena. (…) Egli ci fa perdere il tempo perché ora vuol vedere la cinciallegra che canta, ora vuol cogliere il fiore che odora, ora vuol toccare la selce che riluce.
E ciarla intanto, senza chetarsi mai; e, senza lui, non solo non vedremmo tante cose a cui non badiamo per solito, ma non potremmo nemmeno pensarle e ridirle, perché egli è l’Adamo che mette il nome a tutto ciò che vede e sente. (…)
C’è dunque chi non ha sentito mai nulla di tutto questo? Forse il fanciullo tace in voi, professore, perché avete troppo cipiglio, e non lo udite, o banchiere, tra il vostro invisibile e assiduo conteggio. Fa il broncio in te, o contadino, che zappi e vanghi, e non ti puoi fermare a guardare un poco; dorme coi pugni chiusi in te, operaio, che devi stare chiuso tutto il giorno nell’officina piena di fracasso e senza sole.
Ma in tutti è, voglio credere.
Siano gli operai, i contadini, i banchieri, i professori in una chiesa a una funzione di festa; si trovino poveri e ricchi, gli esasperati e gli annoiati, in un teatro a una bella musica: ecco tutti i loro fanciullini alla finestra dell’anima, illuminati da un sorriso o aspersi d’una lagrima che brillano negli occhi de’ loro ospiti inconsapevoli; eccoli i fanciullini che si riconoscono, contemplando un ricordo e un sogno comune.»
da Giovanni Pascoli: Pensieri e discorsi, Bologna 1907
Chi era tra il pubblico del teatro Palladium, a Roma, allo spettacolo “The suit”, sa cosa vuol dire che “i fanciullini si riconoscono”!
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