Carnevale: le Fiabe e le Maschere
“I personaggi delle fiabe non sono ambivalenti: cioè, non buoni e cattivi nello stesso tempo come tutti noi siamo nella realtà. La polarizzazione che domina la mente del bambino domina infatti anche le fiabe: una persona o è buona o è cattiva; mai entrambe le cose. La presentazione delle polarità del carattere permette al bambino e alla bambina di comprendere facilmente la differenza tra le due cose, il che non potrebbe fare con uguale facilità se i personaggi s’ispirassero maggiormente alla vita, con tutte le complessità che caratterizzano le persone reali.
Ma, le scelte di una bambina o un bambino non dipendono tanto da una presa di posizione in favore del bene contro il male, quanto da chi suscita la loro simpatia o antipatia. Più un personaggio buono è semplice e schietto, più è facile per una bambina o un bambino identificarsi con lui e respingere quello cattivo. Il bambino, la bambina s’identificano con l’eroe e l’eroina buoni, non a motivo della loro bontà, ma perché la condizione dell’eroe e dell’eroina esercita un forte richiamo.
L’interrogativo che si pongono non è: “Voglio essere buono, voglio essere buona?” ma: “Come voglio essere?”. Il bambino, la bambina decidono questo proiettando tutto se stessi in un singolo personaggio. Se questo personaggio di fiaba è una persona molto buona, allora il bambino e la bambina decidono che anche loro vogliono essere buoni.
Nel caso invece delle fiabe “amorali”, come Il gatto con gli stivali o Il fagiolo magico, in cui i protagonisti vincono con la frode, il furto e l’inganno, questi personaggi costruiscono il carattere non promuovendo scelte tra il bene e il male, ma dando al bambino e alla bambina la speranza che anche i più umili possono riuscire nella vita. Il succo di queste fiabe non è la morale, ma piuttosto la fiducia di poter riuscire.
L’eroe e l’eroina delle fiabe agiscono per un certo tempo nell’isolamento, così come il bambino e la bambina moderni si sentono spesso isolati. L’eroe, l’eroina, vengono aiutati dal fatto di essere in contatto con cose primitive – un albero, un animale, la natura – così come i bambino si sentono più in contatto con esse della maggior parte degli adulti.
La sorte di questi eroi e di queste eroine convince il bambino, la bambina, che, come loro, possono sentirsi emarginati e abbandonati nel mondo, brancolanti nel buio, ma come loro nel corso della vita verranno guidati a ogni passo, e otterranno aiuto quando ne avranno bisogno.
Oggi, ancor più che nel passato, la bambina, il bambino, hanno bisogno della rassicurazione offerta dall’immagine della donna o dell’uomo isolati che, malgrado ciò, sono in grado di stringere relazioni significative e compensatrici col mondo che li circondano.”
(Bruno Bettelheim, Il mondo incantato)