In memoria di Fata Prosciutto

Fra i tanti articoli indispensabili che uno si illude di aver scritto, il Buongiorno che ha avuto storicamente il maggior numero di reazioni da parte dei lettori è uno squarcio di vita quotidiana pubblicato nel novembre del 2008. Raccontava della salumiera di un mercato di Torino, la signora Kathy, che ogni giorno, alle 13 e 40, riceveva la visita degli alunni di una scuola media poco distante e a ciascuno offriva un sorriso e una fetta di prosciutto. La signora Kathy non era una missionaria e i ragazzini non erano dei bisognosi. Eppure quel rito quotidiano di assurda e gratuita bontà aveva una sua magia e ogni giorno, alle 13 e 40, i clienti del mercato posavano le borse della spesa e guardavano in direzione della scuola, chiedendosi: ma i ragazzi quando arrivano?

Arrivavano, arrivavano sempre. E continuarono a farlo anche dopo l’uscita dell’articolo. Finché un giorno, alle 13 e 40, sono corsi al bancone ma non hanno più trovato ad accoglierli il sorriso della signora Kathy, ribattezzata Fata Prosciutto. Si era ammalata. I ragazzini hanno continuato lo stesso a recarsi al bancone: non più per il prosciutto, ma per avere sue notizie. Le mandavano saluti, pensieri, preghiere. E quando l’altra settimana la Fata se n’è andata – perché le fate hanno molto da fare, non possono stare sempre con noi – la chiesa del funerale era stracolma come per una principessa e anche il prete si è commosso. Basta davvero poco per comunicare con il cuore del mondo. È un linguaggio universale che non usa le parole, ma i gesti. A volte anche una fetta di prosciutto.

da “Buongiorno”, di Massimo Gramellini, La Stampa 20.03.2012

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